Ufficialmente il Medio Evo è finito nel 1492 con la scoperta dell’America, poi c’è stato quel periodo di fioritura che abbiamo chiamato Rinascimento; si dice che da lì si sia entrati in epoche nuove, moderne. C’è seriamente da domandarsi se il Medio Evo era effettivamente per l’Uomo un epoca buia e se oggi si stia davvero migliorando. Lo so tutti leveranno gli scudi a difendere il progresso e la modernità con banalità del tipo: “Guarda le scienze, guarda la diffusione di informazioni e di conoscenza, guarda l’accesso a beni e comodità…” Proviamo ad essere meno ottusi e a guardare la sostanza delle cose. È ovvio che la scienza e le tecnologie hanno portato immensi vantaggi, ma la perdita di umanità è progresso? È davvero una evoluzione la perdita di affettività, l’incapacità di leggere le proprie emozioni, l’incapacità di avere un pensiero autonomo è davvero cambiamento positivo avere una quantità spaventosa di informazioni senza avere l’informazione primaria, cioè quella di conoscere se stessi?
In tanti anni di lavoro assieme alle persone, mi rendo conto che siamo al minimo storico della coscienza umana, e sapete quale indicatore uso? Beh, quando non si ha la minima percezione dell’importanza del proprio crescere e della propria consapevolezza. Quando si ha attenzione morbosa ed identificativa con la propria immagine, quando si scambia l’affettività e l’amore con il potere e il riconoscimento, quando il denaro è diventato così importante da essere confuso con l’esistenza e la vita. Ma quale bene più prezioso di una vita spesa bene e sensata? Così le priorità sono sempre altre, senza vedere che la felicità e la soddisfazione non risiedono nell’esteriorità o nella falsa interiorità delle riflessioni da soap opera piene di buoni sentimenti, ma nel dare un senso reale al proprio vivere. Senso che si può dare solo immergendoci totalmente nella vita, nel corpo, nelle emozioni, nei rapporti ed anche nell’accettazione della sofferenza. L’essere vivi significa vivere, andare incontro alla vita con la voglia di scoprire e di conoscere. Perché il vero scopo della vita è la vita stessa, nel bene e nel male, nel piacere e nella sofferenza, nell’accettazione della realtà oggettiva dell’essere umano.
Ma a questo vivere si preferisce il sogno e l’illusione e non si torna alla realtà neppure quando la vita ci fa imperiosi richiami, è un fastidio da sedare il più velocemente possibile per tornare presto al nostro riposo, al nostro sonno. Così perdiamo ogni opportunità e fraintendiamo la soddisfazione interiore umana con l’appagamento della bestia a pancia piena.
Sento molte persone che spaventate guardano il mondo e sentono vaghe pressioni o spinte al cambiamento, poiché hanno la sindrome dell’impotenza di colui che se pur individuo si percepisce come massa e quindi come insufficiente ed impotente alle scelte, poiché quello che pare normale è che la massa ha ragione.
Siamo dunque ad un minimo storico della coscienza umana, ove poveri uomini e donne avendo perso il diritto interiore alla loro autodeterminazione e al libero pensiero pensano attraverso slogan emozionali più grossolani della promozione di un detersivo. Questi uomini e queste donne ipnotizzati dal mondo dell’illusione, non hanno un reale contatto con ciò che accade, poiché ciò che accade è in relazione allo stato di veglia che essi hanno verso il mondo reale, essi sono certi di essere liberi e di scegliere, non hanno dubbi, ma sono condizionati da desideri indotti e illusioni di successo. Questo è il termometro del minimo della coscienza, il non avere dubbi, ma avere solo certezze e verità.
È arrivato il momento per chi ha ancora orecchie per sentire e occhi per vedere di cambiare il proprio ordine di priorità, di alzare la testa dal trogolo comune e cominciare a vedersi come individuo pensante. Non per stare male, o non avere ciò che sembra indispensabile, bensì per comprendere dove sta la vera felicità e la soddisfazione del vivere.