Brani tratti dal libro
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Cambiare punto di osservazioneIntuizione e coscienzaLa trasformazione attraverso l'intuizioneL'autoconsapevolezza e l'intelligenza emotivaEssere reali significa essere liberi Cambiare punto di osservazione
Molti scienziati hanno cambiato il loro punto di osservazione producendo le basi di una nuova scienza che comprende una visione nuova della matematica, della fisica e della scienza in generale, con un conseguente mutamento nella visione della realtà oggettiva. Ma l’uomo comune è molto spesso lontano da queste visioni innovative, perché queste nuove frontiere sono raramente fruibili in maniera consapevole nella vita quotidiana.
Si continuano a scrivere libri per specialisti, dimenticando che la maggior parte delle persone possiede solo un infarinatura nozionistica derivata da qualche articolo superficiale letto qua e là. Le nuove frontiere della fisica aprono il campo ad una visione completamente nuova dell’universo e delle piccolissime dimensioni (astrofisica e studio dell’atomo).
Le certezze derivate dalla concezione della fisica newtoniana, che era facilmente verificabile nei fenomeni tangibili e visibili di tutti i giorni, crollano di fronte ad una visione che si avvicina paradossalmente alle antiche concezioni filosofiche presocratiche e orientali.
La conoscenza e la ricerca scientifica hanno una ricaduta sulle nostre attività quotidiane e sul rapporto che ognuno ha con se stesso, ma in questo momento la frattura tra conoscenza ed esperienza quotidiana è enorme. Da una parte il proliferare di testi scritti per un élite intellettuale ripiegata su se stessa, dall’altra una miriade di persone che vivono ancora con conoscenze poco più che medioevali. Quindi è importante dirigersi sulla pratica e sul ‘come’ cambiare la nostra visione dell’universo e di conseguenza il rapporto con noi stessi e ciò che ci circonda. Stiamo vivendo la schizofrenia classica della nostra società, la testa separata dal resto. La sfida che ci aspetta in un futuro prossimo è proprio questa: ricomporre la frattura, creare unità, in maniera molto umile, semplice ed efficace per unire la conoscenza alla comprensione data dall’esperienza diretta. Con il Tibetan Vibration tutti possono avere esperienza immediata del sistema olistico interdipendente che si chiama “essere umano”, allargando la comprensione dal corpo alla mente e alla coscienza, portando questa comprensione dal nostro microcosmo a tutto ciò che ci circonda.
Le ultime ricerche in campo psiconeuroimmunologico, ad esempio, dimostrano il rapporto strettissimo tra la mente e il sistema immunitario e l’influenza dell’ambiente e della percezione cosciente della realtà sul nostro stato di “salute”. E’ vero che la mente influenza il nostro sistema immunitario, ma è anche vero il contrario. E c’è di più, la nostra coscienza e l’interfaccia che abbiamo con la percezione della realtà influenzano il nostro organismo a tutti i livelli. Questa interazione si rende palese e chiara in un metodo come il Tibetan Vibration. Questo libro è scritto proprio per condurvi, in maniera semplice, a esplorare un nuovo punto di vista, è un percorso di apertura che fa da sintesi tra fisica e coscienza, tra scienza e anima.
Intuizione e coscienza
Parleremo spesso di coscienza, e penso sia opportuno chiarire cosa intendo per coscienza. E fondamentale stabilire che le nostre funzioni psichiche, ovvero i pensieri, i sentimenti e le sensazioni non costituiscono la coscienza. Questo è un fraintendimento molto pericoloso, perché porta inevitabilmente all’assorbimento, all’identificazione e all’inconsapevolezza.
La coscienza è separata da queste funzioni psichiche, e in determinate occasioni o con particolare studio può essere osservata separatamente. Sarebbe come andare al cinema e scambiare il film per la realtà. La coscienza è lo schermo su cui vengono proiettati i pensieri, i sentimenti e le sensazioni, l’insieme provoca determinate reazioni nell’essere umano, ma sarebbe deleterio per un ricercatore scambiare lo schermo con la proiezione sopra di esso. Questo schermo può essere studiato e in seguito ampliato, chiarificato e approfondito, sino a distinguere sempre più chiaramente le proiezioni fatte su di esso.
Tutt’altra faccenda è invece l’intuizione, che è il prodotto di una evoluzione superiore della coscienza. Ouspensky nel Tertium Organum (op. cit.) parla di una logica superiore precedente alla logica deduttiva con cui normalmente l’uomo contemporaneo affronta e traduce il suo universo, e la definisce logica intuitiva, cioè la logica dell’infinito, la logica dell’estasi. Un modo completamente nuovo di intendere l’universo, di accedere alla comprensione della realtà oggettiva pluridimensionale, che apre le porte ad un evoluzione superiore dell’Uomo.
La trasformazione attraverso l’intuizione
Il Tibetan Vibration è una tecnica nuova ed antichissima al tempo stesso. L’uso di vibrazioni attraverso i mantra risale a migliaia di anni fa. Ma come qualcosa di così tanto lontano può arrivare a noi e garantirci dei risultati?
C’è una parte dell’archeologia che opera attraverso metodi scientifici universalmente accettati, ed è quella parte che raccoglie un reperto, una zolla di terra e li disseziona, ascolta tutto ciò che hanno da raccontare in base a dei parametri ben precisi. Ma arriva il momento in cui il reperto, la terra, tacciono o perlomeno sentiamo che c’è dell’altro, purtroppo la nostra comprensione, i nostri mezzi non ci consentono di andare oltre. Eppure un modo c’è, ed è quello al quale le grandi menti si sono appellate, qualcosa che ha portato alle scoperte più straordinarie ed al reale progresso umano. Questo mezzo è l’intuizione.
L’intuizione nasce laddove sono esistiti un lavoro ed una energia che hanno spinto costantemente in una direzione. Esiste qualcosa che è arrivato fino a noi e non solo, prosegue oltre indicando una via, una linea di movimento. Questo qualcosa, qualunque cosa sia, non può morire. Chi si volge indietro lo chiama tradizione, chi guarda avanti lo chiama progresso. Nel presente è costante ricerca che utilizza tutti i mezzi a disposizione per muoversi verso altri mezzi che giungeranno. Quando un uomo si muove su questa linea si accorge che in ogni suo punto l’energia è la stessa, il messaggio è lo stesso, come quello del DNA che è racchiuso in ogni nostra cellula.
Il Tibetan Vibration è qualcosa che agisce al di là della semplice tecnica di riequilibrio energetico, che ci aiuta a ritrovare il sonno ed il benessere psicofisico. Questo metodo va a sollecitare una potenzialità straordinaria, la creazione cioè di un ponte, non ideale ma reale, tra la tecnologia delle ultime generazioni di ricercatori e quella che appartiene a coloro che migliaia di anni fa hanno percorso lo stesso cammino. E’ una grande emozione, un fiume di sensazioni indescrivibile, quello stesso che ci pervade quando veniamo in contatto con un oggetto appartenuto ad un grande personaggio del passato, che fino a quel momento aveva come unica realtà quella che può dare un libro di storia. Eppure non ci rendiamo conto che nella nostra vita di tutti i giorni esistono gesti e suoni che si riallacciano ai gesti ed ai suoni che la storia stessa ha dimenticato. Sono “movimenti” che milioni di ricercatori hanno ripetuto e ripetono tuttora, perpetuando un messaggio che come unica possibilità di comprensione ha l’esperienza. Ciò che accade, accade attraverso. Ciò che accade usa un mezzo di esplorazione unico, straordinario, il corpo umano, contatto e suono.
E allora quale distanza separa l’operatore di questo millennio da quegli antichi ricercatori, nel momento in cui chiudiamo gli occhi e lasciamo che questi suoni passino attraverso i corpi e vibrino di memoria? Quello che viene chiamato “Il principio del percorso della durata della vita” non è dunque la fantasia di qualche monaco buddista, bensì può avere realmente a che vedere con quella “catena di reincarnazioni” o, se preferiamo, con ciò che noi cominciamo ad intuire come questo straordinario collegamento che annulla in sé qualunque percezione di spazio e di tempo e ci rende, attraverso le immagini, il senso di una esperienza antichissima.
L’autoconsapevolezza e l’intelligenza emotiva
Già Aristotele nell’Etica Nicomachea spiegava che il problema non risiede nello stato d’animo in sé, ma nella consapevolezza dell’emozione e della sua espressione. Il punto è: “come portare la consapevolezza nelle nostre emozioni?”, ma anche: “come trasformare le emozioni in consapevolezza?”.
L’intelligenza emotiva è la scoperta scientifica dell’acqua calda. Ci sono ancora persone che sostengono che il QI (quoziente intellettivo) sia un dato di fatto genetico che non si può cambiare in base all’esperienza, e che considerano il destino immodificabile e influenzato da tali presupposti. Le esperienze della vita, sin dai tempi di Aristotele ci danno risposte completamente diverse. Cosa accade quando persone con un elevato QI falliscono e quelle con QI modesti hanno risultati ottimi?
L’osservazione sul campo ci dimostra chiaramente che i risultati maggiori sono ottenuti da chi riesce ad usare consapevolmente lo strumento di precisione più efficace che la natura ci ha dato: le emozioni.
Cosa sono le emozioni? Analizziamo l’etimologia della parola emozione, dal latino ‘exmovere’ muovere via. Il dizionario recita: sentimento accompagnato da attivita motorie e ghiandolari come ad esempio la paura, l’ira, la gioia. Possiamo definire le emozioni una interfaccia molto complessa tra noi e la realtà oggettiva. Le emozioni sono lo stimolo, la traduzione e la reazione allo stesso tempo, dell’insieme di quello che ci accade nel presente. Le emozioni sono anche una chiave di accesso al tempo. Una chiave di lettura della relatività del tempo. Il tempo si può dilatare enormemente all’interno di una data emozione, oppure l’esatto contrario con un altra. La paura ad esempio, da sola o associata al dolore può, in determinate condizioni, trasformare gli istanti in un tempo molto lungo, al contrario l’amore associato al piacere trasforma le ore in secondi.
E’ anche vero che con alcune pratiche, come la meditazione, si impara a non essere identificati con le proprie emozioni, ma questo non vuol dire cancellarle o reprimerle, ma viverle senza che la mente se ne appropri trasformandole in fantasie, desideri o aspettative. Attraverso la meditazione e il lavoro su se stessi si arriva alla condizione ottimale e il tempo riacquista una dimensione oggettiva, non legata ai condizionamenti della mente automatica. Le emozioni sono la chiave di accesso al tempo e alla consapevolezza oggettiva. Da sempre tutte le tradizioni religiose hanno posto l’accento sull’osservazione delle proprie emozioni per trascendere l’illusione e il desiderio che coinvolgono automaticamente il nostro corpocoscienza. Molto spesso si è fatto un uso degenere di tali pratiche, finalizzandole al controllo anziché all’evoluzione dell’individuo, ad esempio trasformando l’osservazione delle emozioni in repressione. Imparare ad osservare le emozioni senza farsi assorbire aiuta indubbiamente ad essere più lucidi e consapevoli, lasciarle fluire senza schiacciarle ci dà forza ed energia, accettare l’alternanza della gioia e del dolore godendo e utilizzando tutte le nostre esperienze, porta energia all’interno, invece di sprecala inutilmente, crea motivazioni transpersonali alla nostra esistenza. Imparare ad osservare le emozioni ci fa uscire dall’automatismo del nostro piccolo ego, aprendo orizzonti molto più vasti, facendoci entrare in un universo ricco di opportunità.
Vivere le emozioni, soprattutto, allarga il nostro tempo. Secondo le scuole di consapevolezza che fanno capo al nome generico di Quarta via, il lavoro di risveglio ed ampliamento dei propri centri e facoltà interiori passa soprattutto dall’imparare ad osservare le proprie emozioni e soprattutto le emozioni negative. Esse sono considerate il massimo dell’automatismo e a ragione, essendo le emozioni il trasformatore in tempo reale della realtà oggettiva in realtà psicologica. Essere in preda a questo tipo di reattività automatica è estremamente distruttivo per se stessi e per gli altri. Tutte le emozioni come la rabbia, la gelosia, l’indignazione, l’autocommiserazione e la noia sono di carattere negativo e sono i puntelli principali utilizzati automaticamente dalla falsa personalità per impedirci di vedere e di accettare la situazione oggettiva.
La base delle emozioni negative è sempre l’immaginazione e l’identificazione. Immaginazione è qui intesa come stato di sogno ad occhi aperti con conseguente spostamento in virtuale della realtà oggettiva, che porta a non vedere le occasioni che si presentano e vanifica le opportunità che ci offre l’esistenza, essa è ovviamente il contrario dell’essere presenti condizione ideale per essere in grado di sfruttare tutto il potenziale emozionale positivo e la creatività. Le emozioni negative automatiche sono basate anche sull’identificazione e producono di conseguenza frustrazione e sofferenza, innescando una serie di proiezioni esterne e attribuendo il proprio senso di identità a cose o persone che sono esterne al vero e proprio sé. Questo tipo di approccio esistenziale dovrebbe essere materia di studio per i bambini sin dalla più tenera età.
Nella nostra società invece questo aspetto è completamente ignorato, lasciando gli individui nella più completa barbarie emozionale, con un aumento esponenziale della violenza e della rabbia determinato dalla miscela esplosiva composta dai desideri insoddisfatti e dalla repressione. Troppi disturbi psichici e fisici derivano dal controllo forzato delle proprie emozioni che una volta palesate renderebbero evidente la vera essenza della persona. Voler apparire qualcuno, mettere una maschera per apparire ciò che non si è, vuol dire reprimere le vere emozioni per mostrarne altre che non si provano veramente. E’ un reprimere le emozioni talmente forte che porta a nasconderle così bene nel nostro inconscio, creando enormi blocchi nella psiche e nella corazza muscolare o meglio nel nostro sistema psicofisico. In questo mondo di apparenza e immagine il risultato di questa operazione di controllo è un’insoddisfazione generale nei casi più lievi, malattie e profonde psicosi in quelli più gravi.
Essere reali significa essere liberi
Corpo-coscienza, coscienza-corpo, il sentire, il vedere.Noi siamo già attrezzati dalla natura ad avere una percezione della realtà completa. Il problema è la nostra forma-mentis, cioè il blocco olografico della realtà e questo è un concetto culturale molto radicato dentro di noi, il concetto della divisione. Noi tutti diciamo: corpo, mente, coscienza, spirito. In realtà questa è una divisione assolutamente ridicola, determinata dalla nostra visione frammentaria della realtà, perché noi siamo corpo-coscienza, corpo-mente, mente-corpo, anzi, siamo anche molto di più: siamo frequenza, siamo atomi, siamo energie che si spostano, siamo simboli viventi di quello che sentiamo. Ogni cosa è in connessione totale con tutto il resto. Un cambiamento non può avvenire solo ad un livello senza che tutti gli altri ne siano coinvolti. E la realtà è questo tutt’uno in costante movimento, inseparabile.
Non è facile per un uomo confuso e addormentato avere la percezione della realtà oggettiva e il grosso problema di un uomo confuso e addormentato è la convinzione di essere una persona consapevole e di non rendersi assolutamente conto di passare da uno stato di trance ad un altro.
Questo fraintendimento crea un grosso problema di comprensione, tanto è vero che il primo passo che compie un ricercatore sul suo percorso evolutivo, è quello di rendersi conto della differenza tra realtà psicologica e realtà oggettiva. La realtà psicologica è la traduzione che l’individuo fa automaticamente della realtà oggettiva.
Nella realtà psicologica l’individuo applica una percezione del tempo che gli è stata indotta dalla società e dai condizionamenti, quindi il suo tempo è relativo agli stimoli esterni automatici, ed è regolato dall’orologio meccanico della macchina corpo, fame, sonno, mestruazioni ecc.. La realtà psicologica è la traduzione automatica delle informazioni che gli organi di senso fanno pervenire al nostro cervello, che proietta in una specie di schermo mentale quello che noi consideriamo realtà.
Se vogliamo fare un paragone un po’ azzardato ma vicino, immaginiamo di essere dentro un astronave completamente sigillata che viaggia nel cosmo e mentre stiamo osservando su uno schermo la traduzione elettronica della realtà esterna. E quindi se tutto fosse in ordine, le informazioni e di conseguenza la traduzione dovrebbe rispecchiare fedelmente la realtà oggettiva…. appunto, il problema è il disordine, cioè l’interpretazione dei segnali, i parametri di traduzione della realtà. Quali sono questi parametri? E’ semplice, tutti i condizionamenti sociali, politici, religiosi, la morale o il suo opposto, la paura, i sensi di colpa, l’identificazione, le emozioni, i sentimenti insomma la consapevolezza in senso generale. Consideriamo in tutto questo che la nostra mente è come un caleidoscopio in continuo mutamento che costruisce immagini, relazioni, sogni ad occhi aperti.
Produciamo immagini e pensieri in maniera talmente rapida da poterne identificare coscientemente solo una piccola parte. In un giorno si possono produrre dai cinquantamila ai settantamila pensieri diversi. Il nostro cervello è una macchina potentissima composta da un numero di cellule enorme: 1026, ossia cento milioni di miliardi di miliardi. Può essere governato, ma per la maggior parte delle persone viene lasciato a se stesso e non opportunamente addestrato produce continue e potenti allucinazioni, che rendono l’uomo schiavo del sogno e assolutamente impotente a far fronte al proprio automatismo.
Moltissime persone hanno il loro primo impatto con la realtà oggettiva dopo uno shock, un trauma psicologico o fisico che loro malgrado li sbalza fuori dal sogno, moltissimi individui iniziano così un percorso di ricerca individuale. In poche parole ci si rende conto dello stato allucinatorio quasi continuo che ci impedisce di penetrare una realtà oggettiva e ci relega ad una realtà soggettiva, psicologica, automatica.
L’uomo inconsapevole è reattivo, ha reazioni automatiche e non volontarie agli stimoli che provengono dall’esterno. Non ha una connessione con il suo corpo cosciente, almeno non consapevolmente. In realtà però il suo corpo-coscienza c’è e reagisce. Reagisce, si muove, creando molto spesso profonde fratture tra quello che noi sentiamo e quello che noi siamo.
Ed ora osserviamo il concetto di presente, perché è nel presente che il corpo-coscienza si esprime. Non si esprime nel passato o nel futuro, ma nel momento in cui accadono le cose e le cose non accadono altro che nel presente. La nostra percezione della realtà è condizionata in maniera profonda dalle induzioni automatiche.
Il Tibetan Vibration è una disciplina, una tecnologia che in antichità prendeva in considerazione l’uomo come organismo nella sua interezza, quindi come corpo-coscienza, in quel tempo quadridimensionale che i fisici contemporanei chiamano tempo immaginario. A volte accade che manchino i termini appropriati per esprimere un concetto. Io parlo di organismo e molto spesso sono frainteso. Quando parlo di organismo intendo un insieme corpo-coscienza, corpo-mente, mente-corpo. La coscienza dovrebbe essere dove è il corpo. E invece c’è troppo spesso una dissociazione. Come ricomporre questa dissociazione? Possiamo farlo attraverso degli stratagemmi. Uno dei trucchi più semplici per noi, come per gli uomini dell’antichità, sono i simboli. Simbolo dal greco “simballein”, gettare insieme, connettere. Il simbolo ci può essere utile, il simbolo ci può dare, a livello non razionale ma emotivo, la percezione di quello che accade. Ci può dare delle informazioni profonde e può creare delle liberazioni. E attraverso l’uso del simbolo il Tibetan Vibration rende fruibile alla nostra mente occidentale un’antichissima tecnologia orientale. E’ una tecnologia che possiamo prendere e utilizzare a più livelli di profondità. E’ un metodo molto malleabile da cui si può attingere secondo il proprio grado di consapevolezza.
Attraverso dei simboli legati a delle frequenze prodotte dal nostro apparato fonatorio, quindi all’apparenza più grossolane di un pensiero o di una forma-pensiero che ha una vibrazione più sottile, ci connetteremo al nostro corpo-coscienza, al nostro punto di liberazione o di blocco.
Se noi sperimentiamo il Tibetan Vibration, ci renderemo conto di quanto profonda fosse la conoscenza che questi antichi ricercatori dovevano avere, per applicare questa tecnologia nel corpo-coscienza. Dovevano comprendere benissimo quello che noi stiamo appena appena scoprendo: che il nostro corpo vive attraverso dei meccanismi di, come direbbe uno scienziato, regolazione fine. Cioè sottili, sottilissime frequenze che interagiscono a livello cellulare nel nostro organismo. Stiamo tentando di fare i primi passi nella psiconeuroimmunologia, ovvero nella comprensione che il nostro pensiero e la nostra coscienza producono degli effetti nella materia di cui sono costituite le nostre cellule. Coscienza veloce e profonda, materia lenta e superficiale. Veloce e profonda come il mondo delle particelle subatomiche che è reale ma non appare, lento e superficiale come il condensarsi della materia che osserviamo comunemente. Nei due aspetti contrapposti si crea l’unità che dà vita al corpo-coscienza.
Lavorare sulla consapevolezza significa iniziare a sperimentare un punto di vista completamente diverso da quello dell’uomo ordinario il quale non tiene in considerazione la sfera veloce della coscienza, ma fatica anche a tenere in considerazione l’aspetto della materia, lento e superficiale. Per entrare nella sfera del corpo-coscienza occorre fare dei passi di comprensione che partano dalla osservazione del tempo. Occorre muoversi in una dimensione non bidimensionale ma quadridimensionale, che comprende spazio, tempo, corpo e coscienza. In altre parole, il tempo è legato allo spazio, così come il corpo è legato alla coscienza. Allo stesso modo si può dire: spazio-corpo, tempo-coscienza. La mente normale è uno strumento bidimensionale se usato in maniera automatica. Lavora sempre su due poli: negativo e positivo. Ma se si comincia a lavorare su un piano di coscienza diverso, ci rendiamo conto che la mente lavora in una dimensione quadridimensionale, cioè comincia a recepire il tempo in maniera diversa. Questo non avviene solo attraverso il ragionamento, e neppure attraverso la fede. Avviene attraverso la sperimentazione, cioè la comprensione a livello profondo di quello che accade nella realtà oggettiva.
E’ per queste ragioni che anche il metodo di apprendimento di un sistema come il Tibetan Vibration è stato preparato in modo da far entrare in maniera naturale la mente del ricercatore in uno spazio quadridimensionale. Un metodo di insegnamento particolare che usa sia la parte intellettuale che quella emozionale unite nell’esperienza diretta, sul campo.
E’ fondamentale iniziare a parlare del tempo, elemento fondamentale per comprendere la nostra esistenza e soprattutto entrare nel “presente” dove si coagula il tempo reale. Il concetto del presente è un concetto assolutamente estraneo alla psicanalisi e alla analisi occidentale. Penetrare il presente. Anzi, l’analisi lavora quasi esclusivamente sul passato e cercando di portare le persone ad una realtà normalizzata le riconduce ad una visione bidimensionale. Il lavoro di autoconsapevolezza è molto lontano da un discorso medico-analitico. E’ un lavoro che può essere fatto solo dopo aver compreso, o perlomeno aver sentito l’odore del nostro sonno, del nostro automatismo.
Se comprendiamo davvero che le cose accadono nel presente e che la nostra vita è fatta da un insieme di piccoli nano-secondi tutti vissuti al presente, è chiaro che quando noi sperimentiamo e lavoriamo sul corpo-coscienza dobbiamo quanto meno essere nel presente. Ma anche se non ce ne rendiamo conto il nostro corpo-coscienza è, comunque, già nel presente per cui, quando nell’applicazione del Tibetan Vibration toccheremo i punti e useremo i simboli adatti per stimolare questo corpo-coscienza, la reazione sarà immediata e rapida e arriverà alla nostra mente. Questa reazione sarà decodificata dal centro intellettuale che è lo strumento principe, allo stato normale, dell’uomo automatico e la traduzione del segnale dipenderà moltissimo dal livello di comprensione e di consapevolezza di ciascuno di noi. Questo è il livello bidimensionale quindi lento e superficiale. In realtà quello che accade a livello sottile è una stimolazione potente del nostro corpo-coscienza in maniera veloce e profonda, che accade in un tempo differente da quello della mente, in un tempo della coscienza (mente-coscienza) e, se prestiamo un po’ di attenzione, i segni che si manifestano in noi sono immediati: la reattività diventa subito massima.
I Tibetani in antichità chiamavano i punti stimolati attraverso i simboli e le frequenze “il percorso del principio della durata della vita”, perché la stimolazione del corpo-coscienza porta all’immortalità. L’immortalità dov’è? È nel tempo della coscienza è nel presente eterno, non nel tempo bidimensionale della mente. L’Individuo addormentato inconsapevole pensa di essere immortale dimenticandosi della morte, spostandola in un tempo virtuale, e così muore. L’individuo che incontra la morte nel suo presente e se ne ricorda, diviene immortale.
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