Stati Uniti

Gli Stati Uniti siamo noi. Sembra che passiamo il tempo a colonizzarci a vicenda, è un continuo passaggio culturale, nel bene  e nel male, noi siamo un poco loro e loro sono un poco noi. Penso che sarebbe impensabile l’occidente senza questo continuo travaso culturale. E’ un grande paese, c’è veramente di tutto, ci sono profonde differenze tra uno stato e l’altro, fra una costa e l’altra.

 

Anche gli Stati Uniti sono stati importanti per me, come formazione ed anche come apertura, è il paese degli estremi, degli attriti e per questo molto, molto vivo. Si passa dal bigottismo e dal nanismo culturale alle non comuni ricerche sull’evoluzione e sulla coscienza umana, agli straordinari laboratori di ricerca in ogni direzione, quelli manipolati dal business delle multinazionali e quelli di ricercatori di altissimo livello nelle università; e una cosa non è detto che escluda l’altra.

Girando per gli States si ha spesso l’impressione di degrado, case fatiscenti, insegne scrostate, auto arrugginite, persone che parlano con la stessa enfasi preconfezionata di tutte le idiozie dell’esistenza. Mi sono trovato spesso a far paragoni con paesi del terzo mondo, o di pensare, guardando un negozio o un hotel in una città della provincia americana, che in Italia non era così nemmeno negli anni cinquanta. Poi schizzi nelle metropoli, con le loro contraddizioni e percepisci il potere e la capacità che viene dal disporre di enormi risorse, da come moltissime persone hanno un tenore di vita, non più alto, ma con un approccio diverso al consumo dei beni, come dire, decisamente più disinvolto.

E’ stato per me un buon laboratorio ed un esercizio di osservazione, necessario per poter comprendere la nostra forma mentis attuale e la velocità dei cambiamenti interiori in relazione alle grandi spinte sociali e politiche del mondo attuale.

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