Lascia che sia il tuo cuore a parlare, o mio Re, solo questo. L’importanza di un uomo non sta nell’essere Re, ma in ciò che arriva dal suo cuore. Se ciò che tu dirai è qualcosa che tu ami, so che le tue parole saranno ascoltate. Se parlerai di qualcosa che per te è importante e ha un significato profondo, non dovrai mai mentire e sarà tutto semplice. L’uomo che parla di ciò che è in fondo al suo cuore e non dice parole dettate dalla paura o dal volersi mostrare e imporre sugli altri, non difetterà nell’arte della parola. Sii semplice, arriva dritto al cuore, sii semplice, proprio perché la mente per capire non abbia bisogno di offuscare il cuore.
Sulle rive del Grande Fiume, viveva Usar.
Usar non proveniva da una famiglia ricca, e nemmeno da una famiglia importante, egli sempre si era guadagnato da vivere con la sua intelligenza e col suo lavoro. La sua età crebbe, il tempo passò, ed egli iniziò a costruire grandi e importanti cose, case, scuole, palazzi, e così il suo nome prese fama, anche se al di là della sua città nessuno lo conosceva. Amava profondamente ciò che faceva.
Un giorno, un saggio di una città due giorni distante da dove viveva Usar arrivò nel suo villaggio, vide ciò che questo uomo stava facendo e lo trovò meraviglioso e così chiese ad Usar di andare con lui nella sua città per parlare al consiglio del popolo di ciò che egli stava costruendo.
Usar fu entusiasta di questo onore a lui recato, parlare in un così alto luogo era un grande onore ed accettò. Durante la notte i dubbi cominciarono come a nascere dalla sua pancia e a salire su nella sua mente, ed ad aggrovigliarsi come lana mal dipanata che più cerchi di togliere un filo e più si aggroviglia. Usar quella notte non riposò, e così la notte successiva e così quella ancora dopo passata col saggio in viaggio.
Finalmente giunse nel paese agognato e temuto; arrivò nella grande sala ove il consiglio del popolo si riuniva, le sue gambe tremavano, la sua testa era confusa, pensò di fuggire via, pensò quale scusa poteva trovare per scappare da lì. Lui non nobile, non nato ricco, che sapeva scrivere, ma non istruito da alte scuole, come avrebbe potuto al cospetto di questi far comprendere e non umiliarsi?
In quel momento il saggio, che lì vicino lo guardava, accorgendosi del travaglio che animava la sua mente, del sudore che prendeva le sue mani, del tremolìo delle sue gambe, gli andò vicino, gli mise una mano sul capo e gli disse: “Acquieta la tua mente Usar, io sarò qui vicino a te, lascia solo che sia il tuo cuore a parlare.” E così Usar, come se qualcosa in lui fosse completamente mutato da quella mano che lo toccava, e come se pian piano quel nodo aggrovigliato di lana si sciogliesse, iniziò a parlare: quasi la sua mente non capiva ciò che egli diceva, ma era il suo cuore a parlare, quel cuore che aveva animato il suo costruire. Usar continuava a sentire quelle parole che uscivano dalle sue labbra, come se la sua mente si fosse fermata, erano fluide e cariche di significato. Terminò di parlare, tutti lo acclamarono. Forse egli ancora non avrebbe potuto mettere in fila con la ragione tutte le parole uscite dalle sue labbra perché era stato il suo cuore a parlare, senza il quale nulla avrebbe costruito.
Ricorda questo, o mio Re: quando stai per parlare, abbi fiducia e lascia che le parole sgorghino dalle tue labbra. Se la paura ti coglie, respira profondamente e torna ai tuoi piedi e alla tua pancia. Se la tua azione è sempre stata diretta dal cuore, gli altri cuori la sapranno cogliere.