La notte si stende sul mondo con la sua danza di ombre e luce, e in quel silenzio vellutato la Luna innalza il suo richiamo. È un richiamo primordiale: la fame di un’immensa bocca celeste che si nutre di ogni alito vitale. Non c’è crudeltà in questo, né pietà; è un meccanismo inesorabile, una ruota cosmica che perpetua il proprio moto e richiede costantemente nutrimento.
Siamo immersi in una rete di forze più antiche del nostro pensiero e, il più delle volte, ci muoviamo in modo automatico, come ingranaggi di una macchina infinita. È facile dimenticare di essere vivi in prima persona, divenire poco più che riflessi di volontà esterne. In questo stato di sonno, la Luna trova sostentamento: la sua fame non è diversa da quella di un antico spirito che sussurra alle maree e al sangue. I movimenti interiori degli esseri umani, se non risvegliati, producono una sorta di “linfa energetica” che scorre verso l’alto, alimentando la voragine lunare.
Eppure, non tutto è perduto. C’è una via, un sentiero impervio su cui pochi si incamminano, spinti da una domanda segreta: “Posso sfuggire a questa catena meccanica?”. La risposta non è un semplice atto di volontà né un precetto scolpito sulla pietra, ma una trasformazione che comporta fatica e risveglio. Occorre frizione, come quando si strofina l’acciarino per accendere una scintilla: serve lo scontro tra la nostra parte più profonda e le forze che ci tengono addormentati.
È in questo attrito che si desta l’aspirazione a un’esistenza cosciente e autonoma. Chi percorre la via della lotta interiore scopre che le catene non sono solo esterne: la Luna divora tanto quanto noi glielo permettiamo. Al contrario, se un individuo riesce a generare volontà e coscienza abbastanza potenti, la corrente che scorre verso la bocca lunare si affievolisce. Nasce un’energia diversa, che non ha l’odore della rassegnazione ma quello del fuoco alchemico.
Quando questa forza interiore cresce, avviene un duplice miracolo. Da un lato, la Luna trova minor nutrimento nei gesti automatici dell’uomo, che ora si nutre a sua volta di una luce segreta e più limpida. Dall’altro, l’essere umano comincia a intravedere la possibilità di un’esistenza estesa, non più vincolata ai confini della notte e del giorno. È come se, attraverso la disciplina e il ricordo costante di sé, l’anima diventi capace di irradiare una luce indipendente, che giunge fino ai confini del sistema solare.
Quel bagliore, se sostenuto da continue prove e sacrifici, dà i primi segnali di una nuova immortalità: non più l’immortalità banale di un corpo di pietra o di un nome scolpito su un monumento, ma la persistenza di una coscienza sveglia, che non si lascia assorbire dai vortici meccanici. Così, l’uomo impara a solcare i cieli interiori, lasciando intatto il paesaggio, ma trasformando per sempre il proprio sguardo su di esso.
In questa storia, la Luna non cambia natura: rimane l’antico divoratore di vita. Ma coloro che, con lunghi sforzi, decidono di non offrire più la propria linfa alle sue fauci, scoprono un legame più sottile e profondo con il cosmo, un legame che resiste alle maree del tempo e sconfigge l’oblio. Solo così si diviene “immortali” – non nell’accezione di un’eternità fissa, ma come scintilla presente e viva che rifulge, d’istante in istante, nel grande respiro dell’universo.
Sauro Tronconi