Si parla molto di libertà di pensiero, ma cosa vuol dire davvero pensare liberamente?
C’è molta confusione in questo che pare qualcosa di sotteso e scontato nelle nostre democrazie occidentali.
E’ forse la possibilità di esprimere attraverso azioni le proprie idee liberamente?
E’ la possibilità di comunicare ad altri il proprio pensiero, il proprio ragionamento in modo da potersi esprimere o in modo da modificare le opinioni altrui attraverso le proprie idee?
E’ la capacità di ascoltare e ricevere idee e pensieri altrui pur mantenendo una propria opinione?
E’ la certezza interiore di poter pensare ciò che si vuole, tanto nessuno può guardare dentro la mia testa (e comunque non importa ciò che penso, tanto non devo dimostrare nulla di ciò che non si vede e nessuno mi giudica) in modo che posso pensare in un modo e comportarmi diametralmente all’opposto senza che nessuno se ne accorga?
Ma ci siamo mai veramente fermati ad osservare da dove nascono questi nostri pensieri? Poiché se non si può definire pensante un computer, che non fa altro che reagire in base a percorsi prestabiliti, e quindi non riteniamo abbia pensieri “liberi”, siamo allora certi di poter attribuire a noi stessi la capacità che neghiamo al computer? Tutti noi pensiamo ed ideiamo in relazione a idee e gruppi di idee associati ad eventi e stimoli reiterati nel tempo, che definiamo preconcetti. A ben osservare pare che anche noi siamo computer, certamente immensamente più sofisticati delle macchinette che utilizziamo, ma pur sempre automatici.
Dove sta allora la libertà di pensare con la nostra testa e non con quella di altri?
Si possono avere molti dubbi e farci venire in mente una serie di teorie metafisiche a suffragio della nostra libertà che per altro, come ci fanno osservare molte teorie riduzionistiche delle neuroscienze, l’impressione di essere coscienti di sé e del proprio pensiero potrebbe semplicemente essere un epifenomeno generato dal nostro sistema immunitario per far fronte più efficacemente alle sfide della sopravvivenza. Ma abbiamo avuto dei dubbi… Una cosa che una macchina automatica non può fare è avere dubbi, poiché il dubbio bloccherebbe l’azione, mentre la coscienza umana può agire con dubbio. La macchina non può programmare un’azione e poi repentinamente, senza decisione pregressa, compierne un’altra, per una coscienza umana è possibile. Per una macchina è impossibile contraddire se stessa poiché semplicemente le manca l’essere cosciente dei propri processi, l’essere cosciente di sé.
Quindi comincio ad avere le informazioni per accertarmi se ho libero pensiero e in quale misura o se agisco come una macchina programmata da altri. Osservo.
Questo richiede un investimento di energie, ma è indubbio che stiamo parlando di una cosa talmente importante da valere un investimento primario, poiché da questo dipende tutta la direzione della mia esistenza.
La strada passa dal dubbio, dalle decisioni repentine, dagli errori costanti che compiamo e dalla percezione di noi. Percezione che è un attrito, un disequilibrio che spesso è tormento ed anche estasi.
Imparare ad esercitare l’osservazione del proprio pensiero non significa una continua masturbazione mentale, bensì l’immersione nel reale della nostra vita ove le nostre idee prendono forma, dimensione, azione e vedere quante idee mai osservate condizionano in automatico il nostro vivere dettandoci ipnoticamente le scelte opportune. Idee di altri o pensate in altri momenti di vita o propagandate dalla massa come verità. Se ci fermiamo ad osservare scopriremo l’orrore dell’essere posseduti da idee e pensieri, da miti e preconcetti articolati che governano la nostra esistenza, di abituarci a concetti che ci sono sembrati assurdi, solo per averli sentiti ripetere migliaia di volte.
Abituarci a ciò che tutti fanno o pensano credendo che quei pensieri siano prodotti dalla nostra sensibilità personale. Forse mai come ora, in questo condizionamento massmediologico, abbiamo bisogno di tornare a conoscerci, per non essere asserviti ad una visione comune che si è insinuata subdolamente dentro di noi.